COVID-19: GESTIONE DEL LAVORATORE “FRAGILE”
Al di là delle norme, delle considerazioni e del dibattito che si è aperto in questi giorni su questo tema, la protezione di questi lavoratori è un dovere innanzitutto etico e sociale.
FONTI NORMATIVE
Com’è noto il riferimento è l’articolo 3, comma 1, lettera b) del DPCM 8 marzo 2020: “ è fatta espressa raccomandazione a tutte le persone anziane o affette da patologie croniche o con
multimorbilità ovvero con stati di immunodepressione congenita o acquisita di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità e di evitare comunque luoghi affollati nei quali non sia possibile mantenere una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro ”.
COMMENTI
È evidente per motivi di privacy e di segreto professionale che non può essere il MC a segnalare all’azienda “ situazioni di particolare fragilità e patologie attuali o pregresse dei dipendenti ” come indicato nel “Protocollo condiviso” dello scorso 14 marzo. Infatti, non a caso, la raccomandazione “ di evitare di uscire dalla propria abitazione o dimora fuori dai casi di stretta necessità e di evitare comunque luoghi affollati nei quali non sia possibile mantenere una distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro ” è rivolta direttamente alla persona “fragile” ed è quindi questa che deve farsi parte attiva.
Consideriamo anche il fatto che la “fragilità” è in genere dovuta a situazioni cliniche non correlabili all’attività professionale e di cui non sempre il MC è a conoscenza, perché il lavoratore non le ha riferite in occasione della vista preventiva o perché emerse tra una visita periodica e la successiva, senza che il lavoratore ne abbia messo al corrente il MC.
INDICAZIONI OPERATIVE
A questo punto è evidente come sia necessario condividere una linea di comportamento comune. Da qui la proposta di una prassi che coinvolge MC, organizzazione aziendale e SSN:
1 → il MC informa per iscritto il Datore di Lavoro sulle disposizioni contenute nell’art. 3, comma 1, lettera b) del DPCM 8 marzo 2020 (elaborare un’unica comunicazione da inoltrare a tutte le imprese che si segue);
2 → il MC collabora con il Datore di Lavoro per l’elaborazione di una comunicazione finalizzata ad informare i Lavoratori della raccomandazione disposta dall’art. 3 del DPCM 8 marzo 2020. Nella comunicazione si invitano i lavoratori che ritengono di rientrare nelle tipologie di pazienti previste dalla norma di rivolgersi al Medico di Medicina Generale (MMG) che, a loro tutela, potrà giustificare il periodo di “isolamento”;
3 → nella comunicazione ai Lavoratori si specifica che nei casi in cui il MMG non prescriva (o non possa prescrivere) il periodo di malattia, il Lavoratore può contattare il MC informandolo della situazione, conferendogli in tal modo, anche questo specificato nella comunicazione ai Lavoratori di cui al punto 2., il consenso alle azioni successive che lo stesso dovrà mettere in atto per la sua tutela;
3a → nei casi in cui il MC sia a conoscenza del quadro clinico che determina la condizione di fragilità del Lavoratore, comunica al Datore di Lavoro, limitandosi alle informazioni strettamente
necessarie, la richiesta di adottare nei confronti del Lavoratore le misure idonee per ottemperare alla raccomandazione disposta dal citato articolo 3;
3b → nei casi in cui il MC non sia a conoscenza del quadro clinico che determina la condizione di fragilità del Lavoratore, invita lo stesso a rivolgersi nuovamente al MMG al fine di ottenere un
certificato attestante la sua condizione, in alternativa, richiede al Lavoratore di trasmettergli la documentazione clinica comprovante la sua condizione;
4 → il MC, verificata la documentazione prodotta dal Lavoratore (certificato del MMG o documenti clinici), comunica al Datore di Lavoro, limitandosi alle informazioni strettamente necessarie, la richiesta di adottare nei confronti del Lavoratore le misure idonee ad ottemperare alla raccomandazione disposta dall’articolo 3.
A scopo puramente indicativo, si riportano nella seguente tabella le patologie croniche e le condizioni di immunodepressione congenita o acquisita che possono configurare una condizione di maggiore sensibilità al contagio
malattie croniche a carico dell'apparato respiratorio (incluse asma grave, displasia |
broncopolmonare, fibrosi cistica e broncopatia cronico ostruttiva-BPCO) |
malattie dell’apparato cardio-circolatorio, comprese cardiopatia ipertensiva e cardiopatie congenite e acquisite |
diabete mellito e altre malattie metaboliche (inclusa obesità con BMI > 30) |
insufficienza renale/surrenale cronica |
malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie |
tumori |
malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi, immunosoppressione indotta da farmaci o da HIV |
malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinali |
patologie associate a un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie (es. malattie neuromuscolari) |
epatopatie croniche |
patologie per le quali sono programmati importanti interventi chirurgici |
Fonte: ANMA – Associazione Nazionale Medici d’Azienda e Competenti